Recensioni dei libri sulle mensole di casa mia (e altre cose nei paraggi)

Il colpo di fulmine di Romain Gary

In Libri sulle mensole on 18 gennaio 2010 at 08:46

Quando passi la tua vita di lettore a incrociarla, capita spesso di ignorare quella frase abusata da ogni editore, per ogni libro, di ogni epoca,  ovvero quel tormentone che parte da “un romanzo”, fa scalo a “toccato dalla grazia” e termina in “un capolavoro”.

Gary imbronciato all’epoca in cui non aveva più niente da dire

Eppure qui la grazia da capolavoro è davvero reale, ed è quella toccata da Romain Gary, scrittore lituano vissuto in Francia, eroe di guerra, diplomatico, viaggiatore, cineasta, ma soprattutto vincitore nel 1956 del premio Goncourt con il romanzo Le radici del cielo, replicato nel 1975 con l’oggetto di questa recensione – La vita davanti a sé per il quale non ritirò alcun premio perché il romanzo lo aveva scritto sotto pseudonimo, e lo pseudonimo era Émile Ajar, un giovane definito dalla critica come “il più promettente romanziere degli anni settanta”, mentre Romain Gary era ormai considerato uno scrittore senza più nulla da dire: i paradossi della critica.

I paradossi della vita: cinque anni dopo quel premio goduto in solitaria, Romain Gary esce di casa, va in un negozio e acquista una vestaglia di seta rossa. Torna a casa, indossa la sua vestaglia e si spara un colpo in testa. Accanto a lui lascia una chiazza dello stesso colore della vestaglia e un biglietto:  “Nessun rapporto con Jean Seberg. I patiti dei cuori infranti sono pregati di rivolgersi altrove.”

Jean Seberg era l’attrice americana che aveva sposato nel 1962, divorziato nel 1979, e che un anno prima lo aveva anticipato facendosi trovare in macchina ubriaca, nuda senza neanche una vestaglia e meno ancora fiato in corpo.

Jean Seberg & Romain Gary in una foto che è questa

Lo stesso fiato che si perde a leggere La vita davanti a sé, il romanzo narrato in prima persona da Momò, un ragazzino algerino di dieci anni che negli anni ’40 abita a Belleville, al sesto piano di un caseggiato senza ascensore, con altri piccoli arabi, ebrei, neri che come Momò condividono lo stesso tratto di scale da fare a piedi, oltre al destino di essere “nati di traverso”, ovvero nati da madri, come Madame Rosa, che fanno il mestiere più antico del mondo.

Madame Rosa, un’ebrea polacca scampata al terrore di Auschwitz, il mestiere più antico del mondo non lo faceva più perché oltre che grassa era antica anche lei, ma gestiva quella pensione clandestina con smisurata passione, la maggior parte dedicata, ricambiata, al piccolo Momò: un legame ancora più forte di quello materno, un affetto profondo vissuto nel reciproco e continuo timore di perdersi a causa delle leggi della natura e quelle di Francia, fino a quando, fino a quando ve lo andate a leggere da soli perché non è che vi possa dire tutto io.

A volte si dice che un romanzo è “tirato via“. In questo caso il romanzo è tirato via nel senso che mentre lo leggi succede che te lo mangi, te lo bevi, te lo abbracci, a un certo punto provi anche a dargli anche un bacino ma poi lo devi tirare via, altrimenti è capace che piangi.

Piangi perché quando trovi uno scrittore con addosso la rara capacità di mettersi nei panni dei suoi personaggi fino a creare un’identità e un linguaggio unico e sovversivo – quello stile orale usato da Momò, raccolto dai margini delle strade popolate da travestiti, venditori di tappeti, baristi, protettori, dottori che lui assorbe come una spugna, dimostrando a seconda dei casi di avere trentadue, quattordici, novantasei anni – proprio come se a parlare di fronte a noi ci fosse qualcuno che le parole te le fa respirare fino a sentirne l’odore, succede che se non ci si commuove subito è perché magari si è letto la versione originale senza sapere una parola di francese, oppure non si ha più vita davanti a sé, ma allora se si è già morti che si legge a fare?

Io dico che è bene cercare, prima che sia troppo tardi, di leggere questo romanzo toccato dalla grazia, e da chiunque lo vorrà toccare senza il timore di restare fulminato al primo colpo.

Momò che guarda il titolo dell’edizione Neri Pozza

“Ho sempre notato che i vecchi dicono: ‘Sei giovane, hai tutta la vita davanti’, con un sorriso buono, come se gli facesse piacere. Sapevo che avevo tutta la vita davanti, ma non me ne sarei certo fatto una malattia”.

  1. Complimenti per la recensione è …coinvolgente. Penso proprio che lo leggerò.
    Buona giornata.
    Carmen.

  2. In realtà io vorrei un pezzo di vita che possa scattarmi una foto così…

  3. a me basterebbe una macchina fotografica con il flash..

    Un regalo spontaneo

  4. Romain gary, emil ajar, écrivain français d’origine lituanienne. et le reste…. énorme

  5. Splendida recensione, ti ringrazio per essere passato dalle mie parti a leggere qualcosa su Romain Gary

  6. […] di uno splendido romanzo, si chiama La vita davanti a sé, di Romain Gary, ne ho parlato qui qualche anno […]

  7. […] questo libro indistintamente a tutta la popolazione mondiale come farei con altri libri (di sicuro lui, lui e lui) ma se vi capita di trovarlo in una libreria (non dell’usato) prendetelo e poi fate la […]

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