Recensioni dei libri sulle mensole di casa mia (e altre cose nei paraggi)

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Ridendo da soli ma con David Sedaris

In Libri sulle mensole on 9 giugno 2009 at 10:19

Io credo di dovere a David Sedaris e al libro “Me parlare bello un giorno” perché gli altri non li ho letti ma li leggerò presto, delle sane risate. C’è da dire che normalmente io non rido mai neanche quando bisognerebbe farlo perché le circostanze lo vorrebbero, ma con lui è stato diverso.

David Sedaris è partito in sordina mentre io leggevo ma pensavo ad altre cose, per esempio a un fatto recentemente accaduto nel mio bagno dove mi tocca sostituire una tubatura, che scritto così sembra che debba essere io a fare la tubatura, comunque avevo un po’ il broncio, ma David Sedaris ha continuato a farsi leggere incurante di tutto e perciò prima ho sorriso, poi a un certo punto ho riso proprio, e alla fine ero felice e mi sono anche dimenticato del fatto del bagno e che non dovevo essere io a fare la tubatura.

È stato più che altro in una dozzina di passaggi in tutto, ma ditemi voi se non è già un gran bel risultato fare ridere, spontaneamente, senza forzature per intenderci, quelle che devi fare talvolta al lavoro o giù di lì, ditemi voi dicevo se già non è un gran risultato fare ridere uno che di norma non è predisposto.

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Profilo del maiale incriminato

Ora con questo non voglio dire che io non rido mai e sono sempre serio e se mi chiedi se sono felice rispondo con un rutto, ma siccome qui volevo parlare solo del libro di David Sedaris, parliamo appunto di lui e scordiamoci di me.

Ad esempio quando parla del padre mi fa morire. Troppo buffo il padre. Deve considerarsi fortunato, Sedaris, ad avere avuto una famiglia così, con un padre così, dove non è male neanche la sorella. È lecito anche dire che non tutti i racconti sono riusciti allo stesso modo, ma d’altronde cosa importa, il libro scorre veloce attraverso i ricordi del protagonista, ricordi inseriti un po’ a casaccio diciamo la verità, o forse sono io che non mi ricordo più, in ogni caso nella parte centrale del libro i racconti iniziano a seguire un filo logico, un filo che parte da un cavatappi e arriva al suo trasferimento a Parigi, e questo ne spiega anche la copertina, Mondadori, rosa con la torre Eiffel.

Quello che non si spiega è il maiale. Chissà cosa avrebbe pensato Gustave Eiffel a ritrovare la sua torre in mezzo a un maiale nella mia edizione del libro di David Sedaris, che consiglio a tutti voi di trovarsi tra le mani, magari domani, oppure dopodomani, però mi raccomando: tutti vestiti bene, che è il titolo del prossimo libro di David Sedaris che leggerò.

Quando l’estate successiva andai in Francia, conoscevo soltanto l’equivalente francese della parola cavatappi.
Dissi “Cavatappi” all’aereoporto, “Cavatappi” sul treno per la normandia, e “Cavatappi” quando mi trovai di fronte a quel cumulo di sassi che era la casa di campagna di Hugh. Non c’era acqua corrente, non c’era elettricità e nemmeno un posto dove comprare i tubi e i fili necessari qualora a uno fosse venuta voglia di vivere con un impianto idraulico o con la corrente elettrica. E non essendoci nulla di decente da comprare, va da sè che la gente mi accolse con grande entusiasmo. Sarebbe stato lo stesso se un francese  fosse venuto in visita che so, Knightdale in Carolina.
“Santo cielo” avrebbero detto tutti. “Tanta strada per venire a vedere noi?”. Avessi avuto un vocabolario più ampio, avrei potuto rispondere: “Emh, no, non esattamente”. Ma in quella circostanza offrii l’unica risposta possibile: “Cavatappi”.
“Oh cavatappi” mi dicevano, “Lei parla molto bene.”