Ci sono dei libri che quando sai che devi fare un viaggio in treno sei felice perché dici finalmente, un po’ di tempo per leggere quel libro che avevo iniziato e avrei voluto tanto continuare a leggere ma non ho mai avuto tempo e allora ho sempre sperato di fare un viaggio in treno, perché di aerei non è che mi capita di prenderne poi così tanti.
Così qualche giorno fa ho preso un treno e ho ripreso a leggere “L’opera galleggiante” di John Barth. Un viaggio che mi ha dato l’opportunità di leggere il romanzo per almeno tre ore ininterrotte se non dalle fermate del treno, essendo un treno espresso, come non se ne vedono più tanti a parte quello.
Il risultato della prima ora di lettura è stata una conferma su quanto avevo già pensato: il libro non mi catturava. Meglio, riconoscevo che John Barth era un eccellente scrittore, ma con la sua scrittura non riuscivo a raggiungere come si dice un buon feeling. Leggevo, ma era come se leggessi la lista della spesa però da un libro: spero non me ne vogliano i puristi di John Barth.
Dunque ho pensato che sì, lo avrei abbandonato. Tuttavia ho continuato a leggere. E ancora una volta ho pensato sì, lo lascerò presto. È nei miei diritti di lettore, non mi picchierà nessuno. Al limite avrebbero potuto picchiarmi i puristi di John Barth. Ma poi dov’erano i puristi di John Barth? Nel treno non ne vedevo nessuno. Nel treno ognuno si faceva gli affari suoi. Magari erano puristi in incognito. Oppure i puristi erano tutti ad aspettarmi in stazione. Se non altro avrei avuto ancora un paio d’ore per escogitare un piano di fuga. Leggi il seguito di questo post »